A D erano venute le mestruazioni. Era capitato una mattina, era successo in sordina, come in un brutto risveglio kafkiano, era capitato e basta e ora non ci poteva fare niente. Ovviamente, essendo lui D, l’aveva presa stoicamente ed era salito in macchina, come ogni mattina, pronto a recarsi in ufficio.
Insomma, era pur sempre un UOMO e l’avrebbe preso da uomo, ossia di petto, come tutto quello che faceva, ma purtroppo per lui si sarebbe ben presto scontrato contro un muro. Perché la volontà poco poteva contro la realtà, i crampi erano forti, guidare era oltremodo fastidioso, fastidioso come era stato doloroso arrampicarsi sul suo SUV, ma lui era un uomo e non sarebbero state 4 gocce a renderlo diverso. Almeno così pensava mentre sfrecciava bestemmiando tra le stradine del paese. Arrivato a lavoro il suo umore, se possibile, era più irritabile del solito e le scale ahimè gli sembravano un miraggio irraggiungibile! E alla fine, a malincuore, aveva optato per l’ascensore, evento straordinario per uno sportivo e attivo come lui.
-Aspettami!-
gridava qualcuna alle sue spalle.
Occhi al cielo, pugno stretto, labbra serrate in una bestemmia, D non aveva avuto neanche il bisogno di girarsi per capire che era lei, Marisa, ufficio amministrazione, la donna tascabile dalla voce trapano. Ecco, pensava, e di colpo e in un attimo tornava alla memoria il perché non prendesse mai l’ascensore, la motivazione aveva un nome ed era ora in carne e ossa davanti a lui. Se solo non avesse avuto i crampi e se solo non avesse avuto addosso quella merda che fregava sulla pelle, pensava D, mentre abbozzava un sorriso. Ma il sorriso moriva, tramontava come il suo umore, 10 piani con lei, 10 piani prima che le porte dell’inferno si aprissero ancora donando libertà alla sua testa.
Decimo piano, tlin!
-Ciao D, a presto! –
Strillava Marisa, mentre lui faceva un cenno forzato con la mano.
Undicesimo piano, tlin!
Le porte si aprivano e finalmente entrava nel suo Regno. Aveva voluto l’ultimo piano come status e per tenere incattivite e in forma le sue valchirie. Aveva fatto bene, era stata una scelta giusta, ma oggi il suo status era stato la sua croce, perché oggi proprio no, D non riusciva a fare tutte quelle scale e aveva una fottuta fame di dolce! Pessimo. Nulla poteva andare peggio di così, sennonché in un attimo tutto sembrava volgere per il meglio. Il sole splendeva alto e ad aspettarlo alla porta c’era lei, la sua preferita, il suo Angelo caduto, bella, in piedi, protesa verso una piccola ape con lo stesso sguardo che un serpente avrebbe avuto con un topolino…
-Ciao D-
L’idillio veniva incrinato nuovamente da una voce aliena. Chi era? Chi aveva parlato? Era uno dei fottuti nani da giardino, Lucrezia. Senza neanche degnarla di uno sguardo D entrava come una furia nel suo ufficio con un umore, se possibile ancor più pessimo del solito e entrava nel suo acquario sbattendo la porta dietro di lui con fare plateale.
In tutto questo Liuk, che non era uno sprovveduto, aveva captato che qualcosa non andava e, per empatia e sincronismo, di lì a pochi giorni anche lui avrebbe avuto le mestruazioni, situazione incresciosa che lo avrebbero costretto a un inevitabile lunga e dura malattia.
Intanto D nel suo ufficio proprio non riusciva a provare una quadra per il suo malessere e in tutto questo, mentre si arrovellava le palle per cercare una posizione comoda per star seduto entrava lei. Lei era la sua croce e la sua delizia. Aveva trovato subito feeling con lei, era una delle più degne dopo il suo Angelo caduto, era bella, era stronza come piaceva a lui, ma aveva un piccolo problema, non metteva più i tacchi la stronza e questo faceva infuriare D che era ignaro del fatto che anche a lei quella mattina frullassero le povaie e che quel giorno si fosse molto risentita per il fatto che lui non l’avesse salutata.
-Ascolta D, dobbiamo mandare la nostra proposta, ma prima avrei bisogno di vederla con te-
-E non puoi vederla con il mio caro Ancelo caduto? Ho messo lei come capo ciuccia sangue di voi Valchirie, cavatela con lei no? –
-D, vorrei, ma tu ti sei sempre raccomandato che certe cose prima di uscire venissero discusse con te e quindi ora o dopo… quando avrai tempo e voglia, ne parleremo insieme!-
A D il tono di Lucrezia lo mandava sempre in escandescenza, specie quando quel tono da arpia stronza veniva usato contro di lui.
-Va bene Lucrezia, ma si da il caso che quell’offerta l’avrai sicuramente vista con Frigida e che quindi sarà una merda, quindi spiegami, perché dovrei perdere il mio tempo con te? –
Lucrezia stava per aprir bocca, ma a D la prospettiva di sfrangiarsi le palle con lei proprio non andava e così la liquidava malamente e senza possibilità di appello
-Guarda, al netto di tutte le cazzate che potresti dirmi non mi interessa cosa hai da dire, in questo momento non ho tempo da perdere con te e in ogni caso io ho ragione e tu hai torto-
E Lucrezia andava via, a testa bassa, non tirava proprio aria buona, 1 a 0 per D, D quel giorno macchiava sicuramente più di lei.
Ma non bastava. D si guardava attorno, aveva un irrefrenabile voglia di trattare male qualcuno, una voglia più forte del solito, ma il dolor di palle proprio non gli dava tregua. Era dunque lì a ballar la rumba sulla sedia, tra pieghe e fastidio, quando il suo sguardo infine si era posato su Ursula. Ursula era una della vecchia guardia, una stronza senz’anima con i tacchi come piaceva a lui, d’altronde l’aveva scelta lui, ma era da un po’ che gli stava stretta e guardandola, D entrava nella fase depressione. Stava avvizzendo, non vi era più abbastanza testosterone in lui, il suo Regno cadeva a pezzi, niente più sveltine pomeridiane, poco rumore di tacchi e niente più donne a prendere dalle sue labbra. Le sue valchirie erano cresciute, non erano più panda da salvare e lui non era più l’unico leone. Si erano evolute, lo avevano dismesso e ora lui aveva le mestruazioni. Era troppo da sopportare senza impalare nessuno!
-Ursula per favore vieni qui! –
La stronza andava punita, aveva alzato un po’ troppo la cresta e a D non stava bene. Pochi secondi dopo Ursula entrava tacchetinando nel suo ufficio, entrava, si fermava all’ingresso e lo guardava con aria di sfida.
-Ursula, quei Greci bastardi stanno cercando di incularci di nuovo! Bada bene, anche io al loro posto cercherei di incularmi chiunque, ma visto che il culo è mio non mi va di farmi inculare-
-Ho chiesto a Leche di farmi avere un riscontro ma… –
-Ascolta… Leche è cubano e che Leche lavori a Cuba con quanto di meglio avrebbe da fare rende lui un coglione. Quindi non parlarmi di lui che non me ne frega un cazzo, torniamo ai Greci, io non ho ancora voglia di farmi inculare quindi… tu devi fare qualcosa per me…-
-D io ho da finire tutta quella mole di lavoro che mi ha dato in carico Pillow e non ho tempo di prendere in carico la tua merda-
-E invece no cara mia, hai presente il vecchio caro Vlad? Ora io ti dirò cosa fare e tu lo farai! –
Ma Ursula non cedeva e infine urlava
-E allora mettetevi d’accordo e datemi delle priorità! –
E per contro D rispondeva con fare maturo
-E invece no, tu farai quello che dico io, perché io sono più in alto di tutti e quindi comando io! –
Il tutto condito da viril battuta di piedi a terra e uscita plateale dal suo ufficio. Perche infondo D, mestruazioni o non mestruazioni, rimaneva sempre un UOMO ed era giusto ribadirlo affinché tutti lo ricordassero.
